Dal giornale dei frati cappuccini:
“Leonessa e il Suo Santo” (n. 250 di Gennaio–Febbraio 2007):
Le parole pronunciate lo scorso 19 ottobre dal Santo Padre Benedetto XVI, in occasione del 4° Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona, hanno voluto richiamare l’attenzione del laicato cattolico sulla necessità di operare un maggiore e più incisivo “attivismo” nell’odierno contesto culturale, sociale e politico. Vorremmo operare alcune considerazioni a tal riguardo, avendo colto tutta l’importanza di questo richiamo; e ciò soprattutto alla luce del fatto che, coerentemente con lo spirito con cui Papa Ratzinger ha sin dall’inizio improntato il proprio Pontificato, tale richiamo ha assunto con tutta evidenza il significato – pur, beninteso, allegorico – di una vera e propria “chiamata alle armi”!
C’è da dire che oltre al senso esplicito del discorso, così chiaramente e precisamente espresso da Sua Santità, bisogna a nostro avviso cogliere adeguatamente anche il suggerimento che in esso risulta implicito. In effetti, non è certamente per porsi nel solco di recenti, contingenti riflessioni ecclesiali che il credente è chiamato oggi a testimoniare la propria fede in maniera sempre più scrupolosa, sincera, coerente e tangibile: e ciò vuoi nell’“educazione culturale dell’individuo ed in particolare dei più giovani”, vuoi nelle “opere di carità”, vuoi nella “pratica amministrativa e politica della cosa pubblica”, i quali ambiti sono stati quelli per l’appunto indicati in maniera specifica dall’intervento del Pontefice. In realtà tutto ciò costituisce semmai quel basilare dettato al quale il buon cristiano è da sempre chiamato ad aderire doverosamente; tant’è che il più lontano antecedente lo si ritrova già nel mandato di “andare ad annunciare alle genti la buona novella”, appunto affidato da Nostro Signore Gesù Cristo agli Apostoli.
Insomma, quel che vogliamo dire è che se Benedetto XVI ha sottolineato con forza l’impellenza di un rinnovato impegno laicale, con ciò egli non ha voluto evidentemente tanto ribadire la già scontata necessità dell’“apostolato” e nemmeno esclusivamente additare alle coscienze di tutti l’affiorare sempre più accentuato di un certo “intiepidimento”, da parte del laicato cattolico, nell’odierna esplicazione di tale impegno; quanto ha piuttosto suggerito la fondamentale necessità di ricercare o, se necessario, anche creare nuovi metodi, nuove forme, nuovi contesti attraverso cui poter pervenire a testimonianze di fede che si rivelino più efficaci nel favorire quella che, sempre il Pontefice, ha auspicato essere la “diffusione della gioia e della speranza cristiana nel mondo”. Ciò risulta del resto in piena conformità con quanto già espresso dal Catechismo della Chiesa Cattolica, laddove si legge: “L’iniziativa dei cristiani laici è particolarmente necessaria quando si tratta di scoprire, di ideare mezzi per permeare delle esigenze della dottrina e della vita cristiana le realtà sociali, politiche ed economiche” (La vocazione dei laici, 899).
Quale migliore occasione di questa, dunque, per l’Associazione Studi Cavallereschi “S.Giuseppe da Leonessa”, per annunciare ufficialmente non solo l’avvenuta sua recente costituzione appunto qui a Leonessa, ma soprattutto per affermare la concordanza piena e totale dei propri presupposti con le sollecitazioni del Santo Padre, il quale, provvidenzialmente, con il suo beneplacito non solo riconosce l’opportunità di certe pulsioni ad un impegno laicale più “militante”, ma oltretutto incoraggia il proposito di renderle più operanti nel contesto sociale, e quindi, in primis, in quello parrocchiale e diocesano!
Non a caso, allora, l’Associazione si presenta intitolandosi a quel S.Giuseppe, frate cappuccino e predicatore, il cui culto risulta di fondamentale riferimento per la fede locale. Così come è significativo che nella denominazione ci si richiami pure a quella forma di impegno laicale-militante che ritroviamo sintetizzato nell’antica e nobilissima istituzione della Cavalleria. Tale rimando all’etica cavalleresca deriva dalla consapevole necessità di un recupero di valori certamente antichi, ma non obsoleti; anzi, invariabilmente sempre attuali in quanto, per la loro natura cattolico-cristiana, improntati all’universalità. Oltretutto, questo recupero presume una concordanza d’intenti non solo nei contenuti, quanto anche nella forma; in maniera tale che una professione di fede che si voglia autodefinire “militante e cavalleresca” implica per l’esattezza un approccio virilmente fermo e deciso, privo di menzogna, di compromessi e di mezze misure, il quale, inoltre, sappia con coraggio denunciare e combattere le menzogne ed i compromessi altrui.
Se si volessero sintetizzare i valori cavallereschi in alcuni principi-cardine, potremmo allora dire che compito della Cavalleria è fondamentalmente quello di “militare in nome di Nostro Signore Gesù Cristo, in piena obbedienza alla guida ed alle prescrizioni del Suo Santo Vicario, il Romano Pontefice”; e ciò, svolgendo in particolar modo il compito sia di “proteggere i deboli ed i bisognosi”, sia di “contrastare il male in ogni sua forma”! Ed è naturale che il discorso, traslandosi al particolare contesto storico odierno, vada necessariamente a configurarsi con aspetti di carattere appunto “culturale”; di modo che, se i “deboli ed i bisognosi” oggi sono rappresentati propriamente da tutte quelle categorie sociali le quali smarriscono giorno dopo giorno speranza, gioia e saldi punti di riferimento (e pensiamo soprattutto ai giovani, ma non solo ad essi), d’altro canto il “nemico”, il “male” è invece tutto ciò che vuole relativisticamente sostituirsi a Nostro Signore Gesù Cristo, proponendo suadenti alternative ateistiche e materialistiche che puntualmente distruggono invece la speranza, la gioia e le certezze, svelando così la propria intrinseca nociva e maligna illusorietà.
Il problema del riconoscimento del “male” è oltretutto di vitale importanza, poiché solo riconoscendolo lo si può altresì affrontare e sconfiggere. La centralità dell’argomento è tale che il Santo Padre nel medesimo discorso di Verona ha ritenuto opportuno toccarlo dicendo: “Il male esiste nel mondo ed appare tanto forte e, al contempo, talmente privo di senso…Esso non è affatto vinto; anzi, il suo potere sembra rafforzarsi e vengono presto smascherati tutti i tentativi di nasconderlo, come dimostrano sia l’esperienza quotidiana sia le grandi vicende storiche”.
Il “male” quindi, per sua natura ingannatrice, si maschera, si nasconde, si traveste; addirittura arriva pure a proporsi come “bene”, ammantandosi di vesti d’agnello eppur celando dentro di sé un lupo famelico. Niente e nessuno è esente dal rischio di queste corruzioni: nemmeno la Cavalleria la quale, costituendosi come una delle formule di vocazione cristiano-laicale più caratterialmente “militante”, spesso oggi rappresenta un ambiguo paravento, le “mentite spoglie” sotto cui l’anticattolica massoneria tenta di corrompere la Chiesa dal suo stesso interno. Ma non di vera Cavalleria si tratta, bensì di infido “cavallo di Troia”! E Dio, Nostro Signore Gesù Cristo, riconosce sempre i suoi!
Da parte sua l’Associazione Studi Cavallereschi “S.Giuseppe da Leonessa” desidera ambire, nelle persone dei suoi componenti, proprio e soltanto a questo pio riconoscimento, e non ad altri di carattere puramente mondano. Rifuggire dagli onori, avere in spregio ogni gloria, ogni onorificenza, ogni orpello è per ogni “fedele di Cristo”, ma ancor più per ogni “miles Christi”, un obbligo prima ancora che una scelta di vita; e ciò affinché, sempre come avverte il Catechismo della Chiesa Cattolica, “lo Spirito produca in essi frutti sempre più copiosi” (La partecipazione dei laici all’ufficio sacerdotale di Cristo, 901). Essa desidera in definitiva farsi carico di offrire un seppur minimo contributo, non per suoi meriti ma grazie all’aiuto dello Spirito Santo, a far sì che non rimanga un esclusivo compito del clero, ma lo sia appunto anche del laico quello di offrire testimonianza di fede il più possibile sincera e coinvolgente. Allorché tale azione sarà svolta nella piena adesione allo spirito della “militia Christi”, si potrà dire allora di aver donato un valido ed efficace “esempio nell’apostolato”; in quanto, come si legge nel Catechismo della Chiesa Cattolica, “Nelle comunità ecclesiali l’azione dei laici è così necessaria che, senza di essa, l’apostolato dei Pastori, la maggior parte delle volte, non può raggiungere il suo pieno effetto” (La vocazione dei laici, 900).
Associazione Studi Cavallereschi “S.Giuseppe da Leonessa”