martedì 27 novembre 2007

Uccidiamo Babbo Natale! Babbo natale, santa Klaus,natale, coca cola e multinazionali


Questo articolo potrebbe benissimo essere intitolato BABBO NATALE CONTRO GESU' BAMBINO leggendo scoprirete il perchè. Quello che però occore ri-affermare, ai cultori del dio panettone, del dio babbo natale, del dio grinch, del dio " lo spirito del natale", è che Gesù Cristo è un avvenimento storico, così come ce lo raccontano i Vangeli così come dimostra l'esperienza della fede. Occorre fare memoria di questa Presenza che nasce per noi, nonostante certe furbate commerciali, nonostante molti il 25 dicembre lo spenderanno pensando solo ai panettoni e ai saldi degli iper-mega super mercati. E' nato, nasce e continuerà a nascere nei secoli dei secoli. Noi intanto Lo preghiamo che abbia misericordia di noi.

di Francesco Mario Agnoli

Santa Klaus ... aveva già fatto la sua apparizione negli States al servizio dell'ufficio marketing della Coca-Cola, che nel 1931 l'aveva commissionato ad un tale Haddon Sundblom. Questo pittore svedese-americano, ispiratosi per il volto e la figura ad un suo amico camionista, aveva in quell'anno soddisfatto nel migliore dei modi le esigenze del committente anche col sostituire al tradizionale vestito verde del vecchio ed innocuo Santa Klaus, uno bianco e rosso: i colori della Coca-Cola.
Scopro in un sito web che in Austria opera il Verein pro Christuskind (http://www.pro-christkind.org/), cioè una lega o circolo che si propone di riportare al centro del Natale, festa della famiglia, il Bambino Gesù, espellendone quel barbuto grassone vestito di rosso, in sospetto di ubriachezza per le guance rubizze, che, usurpando il nome di Santa Klaus e, nei paesi latini, di Natale (babbo Natale, pére Noel et similia), l'ha degradato a festa dei regali. Il comando delle operazioni è in Austria, ma il campo di battaglia ha gli stessi confini dell'opulento Occidente e comunque dell'Europa, perché si tratta anche di mantenere (o recuperare) le nostre tradizioni natalizie (Wir mochten unsere Tradition des Christkinds erhalten, ohne dabei andere Traditionen zu verdrangen, si legge nella manifesto programmatico dell'associazione) e, difatti, le prime operazioni hanno avuto luogo in quei paesi nei quali al Bambino Gesù i genitori affidavano il compito di portare piccoli doni ai bambini nella Notte Santa: Austria, Svizzera e Germania (in quest'ultimo un sacerdote di Francoforte, Eckard Bieger, che presumo collegato alla società austriaca, ha preso esempio dai manifesti contro l'energia atomica e ha diffuso un gran numero di adesivi con la scritta This is a Santa-free zona).
Quando sono nato Santa Klaus (versione consumistica di quel San Nicola da Bari, che in alcune zone d'Europa legate a questa tradizione, dall'estremo nord all'estremo sud, la notte del 6 dicembre di ogni anno percorreva le campagne lasciando qualche dolcetto nelle scarpe o negli zoccoli dei bambini buoni) aveva già fatto la sua apparizione negli States al servizio dell'ufficio marketing della Coca-Cola, che nel 1931 l'aveva commissionato ad un tale Haddon Sundblom. Questo pittore svedese-americano, ispiratosi per il volto e la figura ad un suo amico camionista, aveva in quell'anno soddisfatto nel migliore dei modi le esigenze del committente anche col sostituire al tradizionale vestito verde del vecchio ed innocuo Santa Klaus, uno bianco e rosso: i colori della Coca-Cola.
In realtà, pur se non sono esattamente coetaneo di quel barbuto clone di un peraltro innocente camionista statunitense poco ci manca. Ciò non toglie che quella piccola differenza di età e le distanze geografiche e culturali, all'epoca, con la globalizzazione appena in fasce, assai più rilevanti e decisive di oggi, abbiano salvato le mie notti di Natale, pur cariche di attesa per i doni da trovare al mattino davanti al presepe, dalla ingombrante presenza del ciccione rosso-vestito.
Debbo purtroppo confessare la mia ignoranza circa le antiche ed autentiche tradizioni bolognesi a proposito di strenne (posso soltanto supporre, prendendo spunto dalla tuttora esistente e vivace fiera che porta il suo nome, che a Bologna, dove sono nato, la benefattrice dei bambini buoni fosse, in occasione della sua ricorrenza, il 13 dicembre, la giovane martire siracusana Lucia). Nella borgatella della collina romagnola di mia madre i bambini dipendevano in tutto e per tutto per i regali dalla nostrana, rustica Befana, che, nel primo decennio del secolo XX, non ancora iscritta d'autorità al partito fascista, appendeva alla cappa del camino calzerotti riempiti (in genere parsimoniosamente) con cioccolatini e caramelle oppure (in città, in campagna queste raffinatezze erano sconosciute), per i meno buoni, con pezzi di carbone, una specie di antracite, che tuttavia, dopo la prima delusione quasi sempre si rivelava commestibile e composta di zucchero mascherato. Mio padre, rimasto orfano di entrambi i genitori in tenerissima età, non aveva probabilmente nemmeno conosciuto le tradizioni natalizie della sua Liguria. Di conseguenza, il mondo del Natale nel quale si riconosceva, per effetto dei suoi studi e dei periodi trascorsi in Germania, era quello tedesco anche se cattolicamente corretto con la preferenza per il presepio in luogo del sempre verde Tannenbaum. Fatto sta che a portarmi i doni era, come per i bambini del Verein pro Christuskind, lo stesso Gesù Bambino, adeguatamente rifornito dalle officine e dalle pasticcerie, dove lavoravano centinaia di biondi angioletti (conservo ancora, nella versione italiana, La cucina del cielo, un libriccino che descriveva, in versi ed immagini, le laboriose operazioni degli angeli pasticcieri, pubblicato nel 1933 a Monaco dall' editore Joseph Mueller).
Del resto, quali che fossero le tradizioni locali, non ero il solo a trovarmi in questa situazione. La maggior parte dei bambini di mia conoscenza che condividevano con me il privilegio di ricevere regali non solo per l'Epifania (questo ormai accadeva a tutti o quasi, perché alla Befana casalinga si era adesso aggiunta o sostituita quella iscritta al PNF, che si presentava in carne ed ossa alla locale Casa del Fascio) ma anche nella notte di Natale, li attendevano dal Bambino Gesù.
E' vero che un moralista potrebbe avere da ridire su questa mescolanza di sacro e profano e trovare qualcosa di riduttivo e addirittura di pericoloso nell'attribuire a Gesù, sia pure bambino, un ruolo che non gli compete e che in effetti non svolge, come i destinatari dei suoi doni necessariamente scoprivano non appena usciti dalle favolose nebbie della prima infanzia. Tuttavia non mi risulta che nessuno abbia perso la fede per avere scoperto che non era stato Gesù Bambino a lasciare i doni davanti al presepio o sotto l'albero e la giocosa bugia (se bugia la si vuole definire) aveva comunque il pregio di collocarlo unico protagonista al centro della festa natalizia senza sostituirlo o accompagnarlo col falso-sorridente servitore di Mammona, padrone rigoroso ed esclusivo, che non può essere servito assieme a Dio.
Con questi precedenti e con l'antica avversione per il consumismo in genere e per quello natalizio in particolare la mia adesione all'iniziativa austriaca non può essere che totale.
E allora togliamolo di mezzo questo clone di camionista, questo pseudo-santo pubblicitario, che, oltre tutto, per meglio svolgere i suoi compiti pubblicitari da qualche tempo ha cominciato a riprodursi in una variegata schiera di doppi, alcuni dei quali di sesso femminile, dotati delle allettanti sembianze di veline e letterine..
Il modo più semplice e sbrigativo per liberarsene sarebbe di sparargli un colpo di pistola dritto al cuore, fare un falò della sua slitta e mandare libere per le tundre della Lapponia o le foreste di betulle della Finlandia le renne costrette a servirlo.
Purtroppo questa procedura spiccia è resa impossibile dal fatto che nonostante gli sforzi della Walt Disney Babbo Natale non possiede un cuore. Di conseguenza è necessario scegliere metodi più lenti, ma, si spera, ugualmente efficaci. Sforacchiarlo con mille piccoli colpi, come, appunto, gli adesivi che lo pongono al bando, attraverso quel suo ridicolo vestito rosso in modo da praticargli migliaia di forellini dai quali possa defluire, invece di sangue, il gas o il nulla che lo gonfiano e lo fanno svolazzare per i cieli come uno zeppelin pubblicitario.
Soprattutto si dovrà fare attenzione a non lasciarsi commuovere dalle lagrime dei bambini. Ricordarsi che si tratta d'innocenti ingannati, di piccoli consumatori che, proprio grazie al doppio oscuro di San Nicola, vengono allevati e ingrassati per formarne le future mandrie da sacrificare sulle are non del commercio, ma dei bisogni indotti, delle necessità superflue, dei desideri stravaganti ed insaziabili., che appena soddisfatti si riproducono moltiplicati per fare girare la cosiddetta macchina del progresso, il cui moto verso la finale, immancabile rovina si accelera di giorno in giorno grazie anche a macchinisti folli e incompetenti come il bianco barbuto Babbo Natale.
Wir mochten, dass auch unsere kinder die Chance haben, unsere Traditionen kennen zu lernen, scrivono i membri dell'austriaco Verein e, difatti, la sparizione di Babbo Natale non toglierà l'ansia festosa dell'attesa dai loro occhi, né il sorriso dalle loro labbra, ma, al contrario, li renderà più sereni, più veri, più capaci di resistere alle ingiurie del tempo e della vita, perché si fonderanno in un unico completo e vero universo le due dimensioni ora tenute separate e contrapposte, e, ai fini di quell'attesa e di quel sorriso, il più modesto dei doni avrà, grazie alle piccole mani portatrici di amore e di pace da cui simbolicamente proviene, esattamente lo stesso valore del più grande.
Noi che abbiamo la fortuna di averlo provato abbiamo il dovere (io ho cercato di adempierlo coi miei figli, adesso, a loro volta, padri e madri) di liberare i genitori delle generazioni che ci hanno seguito e i loro figli dalle catene solo apparentemente dorate dell'omino che, a dispetto del sorriso bonario, al posto del cuore ha una macchina calcolatrice e una postazione bancomat perennemente in funzione.

Il Presepe è un segno di cultura e di fede



VATICANO - Papa: il presepe è un segno di cultura e di fede

2 Dicembre 2004 - da www.asianews.it

Nei giorni scorsi in Italia ha fatto scalpore la notizia che in alcune scuole non si prepara il presepio per rispetto verso studenti di altre religioni, in particolare musulmani. Nel dibattito che ne è sorto , molti musulmani si sono dichiarati a favore del presepio, dato che l’Islam venera Gesù come profeta. Personalità ecclesiastiche hanno precisato che chi vuole cancellare il presepio dalle scuole è in realtà mosso non da rispetto verso i musulmani, ma da idee laiciste, che confondono la tolleranza con il relativismo delle idee.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Giovanni Paolo II riafferma il valore del presepe. Parlando prima dell’Angelus, il papa ha definito la rappresentazione della natività di Gesù come “un elemento della nostra cultura e dell’arte, ma soprattutto un segno di fede in Dio, che a Betlemme è venuto ‘ad abitare in mezzo a noi’ (Gv 1,14)”.In piazza san Pietro erano presenti ragazzi e ragazze di Roma per la tradizionale benedizione della statuetta del “Bambinello”, che verrà posta nel presepio.
Nei giorni scorsi in Italia ha fatto scalpore la notizia che in alcune scuole non si prepara il presepio per rispetto verso studenti di altre religioni, in particolare musulmani. Nel dibattito che ne è sorto , molti musulmani si sono dichiarati a favore del presepio, dato che l’Islam venera Gesù come profeta. Personalità ecclesiastiche hanno precisato che chi vuole cancellare il presepio dalle scuole è in realtà mosso non da rispetto verso i musulmani, ma da idee laiciste, che confondono la tolleranza con il relativismo delle idee.
Ecco quanto ha detto il papa prima della preghiera mariana:
“Si avvicina la festa del Natale e in molti luoghi è già in allestimento il presepe, come qui in Piazza San Pietro. Piccolo o grande, semplice o elaborato, il presepe costituisce una familiare e quanto mai espressiva rappresentazione del Natale. È un elemento della nostra cultura e dell’arte, ma soprattutto un segno di fede in Dio, che a Betlemme è venuto "ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14).
Come ogni anno, tra poco benedirò i Bambinelli, che nella Notte Santa verranno collocati nei presepi, dove si trovano già san Giuseppe e la Madonna, silenziosi testimoni d’un sublime mistero. Con il loro sguardo d’amore essi ci invitano a vegliare e pregare per accogliere il divino Salvatore, il quale viene a recare al mondo la gioia del Natale.
Questa stessa gioia ci esorta a pregustare l’odierna terza domenica di Avvento, chiamata domenica "Gaudete". Domandiamo alla Vergine dell’attesa che sia vivo nei cristiani e in tutti gli uomini di buona volontà il desiderio di incontrare il Signore ormai vicino”.Copyright © 2003 AsiaNewsTutti i diritti riservati

25 dicembre è data storica


di Tommaso Federici

tratto da 30 Giorni, anno XVIII, novembre 2000, p. 63-68.

Non fu una scelta arbitraria per soppiantare antiche feste pagane. Recenti scoperte avvalorano l’attendibilità storica della data del Natale. Quando la Chiesa celebra la nascita di Gesù nella terza decade di dicembre, attinge all'ininterrotta memoria delle prime comunità cristiane riguardo ai fatti evangelici e ai luoghi in cui accaddero. Tommaso Federici, professore emerito di teologia biblica, fa il punto su indizi e recenti scoperte che confermano la storicità della data del Natale Un preambolo In genere si assumeva e si assume senza discutere la notizia già antica secondo cui la celebrazione del Natale del Signore nella prima metà del secolo IV fu introdotta dalla Chiesa di Roma per motivi ideologici. Infatti sarebbe stata posta al 25 dicembre per contrastare una pericolosa festa pagana, il Natale Solis invicti (fosse Mitra, come è probabile, o fosse una titolatura di un imperatore romano). Tale festa era stata fissata al solstizio invernale (21-22 dicembre), quando il sole riprendeva il suo corso trionfale verso il suo sempre maggiore risplendere. Quindi in ambito cristiano, risalendo di 9 mesi, si era posta al 25 marzo la celebrazione dell'annuncio dell'Angelo a Maria Vergine di Nazareth, e la sua Immacolata Concezione del Figlio e Salvatore. In conseguenza, sei mesi prima della nascita del Signore si era posta anche la memoria della nascita del suo precursore e profeta e battezzatore Giovanni. D'altra parte, l'Occidente cristiano non celebrava l'annuncio della nascita di Giovanni al padre, il sacerdote Zaccaria. Che invece, e da lunghissima data, è commemorato nell'Oriente siro alla prima domenica del "Tempo dell'Annuncio (Sûbarâ)", che comprende in altre cinque domeniche l'annunciazione a Maria Vergine, la visitazione, la nascita del Battista, l'annuncio a Giuseppe, la genealogia del Signore secondo Matteo. L'Oriente bizantino, e sempre da data immemoriale, celebra invece al 23 settembre anche l'annuncio a Zaccaria. Si hanno in successione quattro date evangeliche che inseguendosi si intersecano, ossia I) l'annuncio a Zaccaria e II) sei mesi dopo l'annunciazione a Maria, III) rispettivamente nove e tre mesi dopo le prime due date, la nascita del Battista, e IV) rispettivamente sei mesi dopo quest'ultima data, e naturalmente nove mesi dopo l'annunciazione, la Nascita del Signore e Salvatore. Il referente per così dire "liturgico" di tutto questo sarebbe quindi il Natale del Signore, al 25 dicembre, sulla cui base, si assume, furono disposte le feste dell'annunciazione nove mesi prima, e della nascita del Battista sei mesi prima. Gli storici e i liturgisti su questo svolgono diverse ipotesi più o meno accolte. Il problema è che già nei secoli II-IV erano state avanzate diverse datazioni, che tenevano conto di computi astronomici, o di idee teologiche. Una data "storica" esterna, ossia che non fosse biblica, patristica e liturgica, e che portasse una conferma agli studiosi, non era ancora conosciuta. Un riferimento: l'annuncio a Zaccaria Luca ha una certa sua cura di situare la storia. Così ad esempio cita "l'editto di Cesare Augusto" per il lungo censimento di Quirino (circa il 7-6 a. C.), durante il quale avvenne la nascita del Signore (Lc 2, 1-2). Inoltre rimanda all'anno quindicesimo di Tiberio Cesare (circa il 27-28 d. C.), quando Giovanni il Battista cominciò la sua predicazione preparatoria del Signore (Lc 3, 1). E annota: "E lo stesso Gesù era cominciante [il suo ministero dopo il Battesimo, Lc 3, 21-22] quasi di anni 30" (Lc 3, 23), di fatto avendo circa 33 o 34 anni. Secondo la sua suggestiva narrazione evangelica, lo stesso Angelo del Signore, Gabriele, sei mesi prima dell'annunciazione a Maria (Lc 1, 26-38), alla conclusione della solenne celebrazione sacrificale quotidiana aveva annunciato nel santuario all'anziano sacerdote Zaccaria che la sua sposa, sterile e anziana, Elisabetta, avrebbe concepito un figlio, destinato a preparare un popolo a Colui che doveva venire (Lc 1, 5-25). Luca si preoccupa di situare questo fatto con una precisione che rimanda a un dato conosciuto da tutti. Così narra che Zaccaria apparteneva alla "classe [sacerdotale, ephêmería] di Abia" (Lc 1, 5), e mentre gli appare Gabriele "esercitava sacerdotalmente nel turno [táxis] del suo ordine [ephêmería]" (Lc 1, 8). Così rimanda a un fatto generale senza difficoltà, e a uno specifico e puntuale, che presenta un problema. Il primo fatto, noto a tutti, era che nel santuario di Gerusalemme, secondo la narrazione del cronista, David stesso aveva disposto che i "figli di Aronne" fossero distinti in 24 táxeis, ebraico sebaot, i "turni" perenni (1 Cr 24, 1-7.19). Tali "classi", avvicendandosi in ordine immutabile, dovevano prestare servizio liturgico per una settimana, "da sabato a sabato", due volte l'anno. L'elenco delle classi sacerdotali fino alla distruzione del tempio (anno 70 d. C.) secondo il testo dei Settanta era stabilito per sorteggio, così: I) Iarib, II) Ideia, III) Charim, IV) Seorim, V) Mechia, VI) Miamin, VII) Kos, VIII) Abia, IX) Giosuè, X) Senechia, XI) Eliasib, XII) Iakim, XIII) Occhoffa, XIV) Isbaal, XV) Belga, XVI) Emmer, XVII) Chezir, XVIII) Afessi, XIX) Fetaia, XX) Ezekil, XXI) Iachin, XXII) Gamoul, XXIII) Dalaia, XXIV) Maasai (l'elenco, in 1 Cr 24, 7-18). Il secondo fatto è che Zaccaria quindi apparteneva al "turno di Abia", l'VIII. Il problema che pone questo è che Luca scrive quando il tempio è ancora in attività, e quindi tutti potevano conoscere le sue funzioni, e non annota "quando" stava in esercizio il "turno di Abia". Inoltre, non dice in quale dei due avvicendamenti annuali Zaccaria ricevette l'annuncio dell'Angelo nel santuario. E sembra che lungo i secoli nessuno abbia avuto cura di riportare la memoria, o di fare qualche ricerca. La stessa Comunità madre, la Chiesa di Gerusalemme, giudeo-cristiana di lingua aramaica, che tradizionalmente (almeno per due secoli) era guidata dai parenti di sangue di Gesù, Giacomo e i suoi successori, non sembra che si curasse di questo particolare, che per i contemporanei andava da sé. Il "turno di Abia" con data certa Nel 1953 la grande specialista francese Annie Jaubert, nell'articolo «Le calendrier des Jubilées et de la secte de Qumran. Ses origines bibliques», in «Vetus Testamentum», Suppl. 3 (1953) pp. 250-264, aveva studiato il calendario del Libro dei Giubilei, un apocrifo ebraico assai importante, che risaliva alla fine del sec. II a.C. Ora numerosi frammenti di testo di tale calendario, ritrovati nelle grotte di Qumran, dimostravano non solo che esso era stato fatto proprio dagli Esseni che lì vivevano (circa sec. II a. C.-sec. I d. C.), ma che esso era ancora in uso. Detto calendario è solare, e non dà nomi ai mesi, ma li chiamava con il numero di successione. La studiosa aveva pubblicato poi su questo diversi altri articoli importanti; vedi anche la sua voce "Calendario di Qumran", in "Enciclopedia della Bibbia" 2 (1969) pp. 35- 38. E in una celebre monografia, "La date de la Cène, Calendrier biblique et liturgie chrétienne", Études Bibliques, Paris 1957, aveva anche ricostruito la successione degli eventi della settimana santa, individuando in modo convincente (salvo dissensi di qualcuno) al martedì, e non al giovedì, la data della cena del Signore. Da parte sua, anche lo specialista Shemarjahu Talmon, dell'Università Ebraica di Gerusalemme, aveva lavorato sui documenti di Qumran e sul calendario dei Giubilei, ed era riuscito a precisare lo svolgersi settimanale dell'ordine dei 24 turni sacerdotali nel tempio, allora ancora in funzione. I suoi risultati erano consegnati nell'articolo "The Calendar Reckoning of the Sect from the Judean Desert. Aspects of the Dead Sea Scrolls", in "Scripta Hierosolymitana", vol. IV, Jerusalem 1958, pp. 162-199; si tratta di uno studio accurato e importante, ma, si deve dire, passato pressoché inosservato dal grande circuito, ma non ad Annie Jaubert. Ora, la lista che il professor Talmon ricostruisce indica che il "turno di Abia (Ab-Jah)", prescritto per due volte l'anno, ricorreva così: I) la prima volta, dall'8 al 14 del terzo mese del calendario, e II) la seconda volta dal 24 al 30 dell'ottavo mese del calendario. Ora, secondo il calendario solare (non lunare, come è l'attuale calendario ebraico), questa seconda volta corrisponde circa all'ultima decade di settembre. Come annota anche Antonio Ammassari, "Alle origini del calendario natalizio", in "Euntes Docete" 45 (1992) pp. 11-16, Luca, con l'indicazione sul "turno di Abia", risale a una preziosa tradizione giudeo-cristiana gerosolimitana, che da narratore accurato di storia (Lc 1, 1-4) ha rintracciato, e offre la possibilità di ricostruire alcune date storiche. Così il rito bizantino al 23 settembre fa memoria dell'annuncio a Zaccaria, e conserva una data storica certa, e pressoché precisa (forse con un decalco di uno o due giorni). Date storiche del Nuovo Testamento La principale datazione storica sulla vita del Signore verte sull'evento principale: la sua resurrezione nel resoconto unanime dei quattro Evangeli (e del resto della Tradizione apostolica del Nuovo Testamento, vedi 1Cor 15, 3-7) avvenne all'alba della domenica 9 aprile dell'anno 30 d.C., data astronomica certa, e quindi quella della sua morte avvenne circa alle 15 pomeridiane del venerdì 7 aprile del medesimo anno 30. Secondo i dati ricavati dall'indagine recente come sopra accennata, viene un intreccio impressionante di altre date storiche. Il ciclo di Giovanni il Battista ha la data storica accertata (circa) del 24 settembre del nostro calendario gregoriano dell'anno 7-6 a. C. per l'annuncio divino concesso a suo padre Zaccaria. Nel computo attuale, sarebbe nell'autunno dell'1 a. C., ma si sa che dal VI secolo vi fu un errore di circa sei o cinque anni sulla data reale dell'anno della nascita del Signore. La nascita di Giovanni il Battista nove mesi dopo (Lc 1, 57-66), (circa) il 24 giugno, è una data storica. Ma allora, nel ciclo di Cristo Signore, che Luca pone in forma di un dittico speculare con quello del Battista, l'annunciazione a Maria Vergine di Nazareth "nel mese sesto" dopo la concezione di Elisabetta (Lc 1, 28) risulta come un'altra data storica. E in conseguenza, e finalmente, è una data storica la nascita del Signore al 25 dicembre, ossia 15 mesi dopo l'annuncio a Zaccaria, nove mesi dopo l'annunciazione alla Madre sempre vergine, sei mesi dopo la nascita di Giovanni il Battista. La santa circoncisione otto giorni dopo la nascita, secondo la legge di Mosè (Lev 12, 1-3), è una data storica. E così, quaranta giorni dopo la nascita, il 2 febbraio, la "presentazione" del Signore al tempio sempre secondo la legge di Mosè (Lev 12, 4-8), che segna l'hypapantê, l'Incontro con il suo popolo, è una data storica. "Problemi liturgici" La data del Natale ha intorno un nugolo di problemi. Anzitutto viene il fatto che in alcune Chiese si cumulò e talvolta si confuse il 25 dicembre con il 6 gennaio, giorno che cumulava la memoria degli eventi che contornavano la nascita del Salvatore. Poi, soprattutto, la non chiara distinzione tra memoria di un fatto, che può durare generazioni, la devozione intorno a questo fatto, che si può esprimere con un culto non liturgico, e l'istituzione di una festa "liturgica" con data propria e con una vera e propria ufficiatura, che comprende la liturgia delle ore sante e quella dei divini misteri. Qui va tenuto conto, come invece in genere si trascura, dell'incredibile memoria delle comunità cristiane quanto a eventi evangelici, e ai luoghi che videro il loro verificarsi. L'Annunciazione, ad esempio, era entrata nella formulazione di alcuni "Simboli battesimali" più antichi già nel secolo II. Essa nella medesima epoca fu rappresentata nell'arte cristiana primitiva, come nella catacombe di Priscilla. A Nazareth stessa, come ormai ha dimostrato splendidamente l'archeologia, il luogo dell'Annunciazione fu conservato e venerato senza interruzione dalla comunità locale, e fu visitato da un ininterrotto afflusso di pellegrini devoti, che lungo i secoli lasciarono anche graffiti e scritte commoventi, fino ai giorni nostri. Quando si avviò il culto "liturgico" della Madre di Dio, nel V secolo inoltrato, si ebbe la grande festa "liturgica" dell'Euaggelismós, l'annunciazione a Maria. Questa acquistò tale straordinaria risonanza che in Occidente i Padri la annoverarono tra i "primordi della nostra redenzione" (con il Natale, i Magi e le nozze di Cana), e in Oriente fu considerata così solenne e quasi soverchiante, che la sua data nel rito bizantino abolisce la domenica e perfino il giovedì santo, cede solo al venerdì santo, e se cade alla domenica della Resurrezione divide la celebrazione così che si celebra metà del Canone pasquale e metà del Canone dell'Annunciazione. A Betlemme già prima della costruzione della Basilica costantiniana (primo trentennio del IV secolo), la comunità cristiana aveva conservata la memoria e la venerazione ininterrotte del luogo della nascita del Signore. In Egitto la Chiesa copta conserva con ininterrotta devozione la memoria dei luoghi dove la santa famiglia sostò nella sua fuga (Mt 2, 13-18), dove furono costruite chiese ancora officiate. Si può parlare qui dei luoghi santi della Palestina, in specie quelli di Gerusalemme: dell'Anástasis, la Resurrezione (così riduttivamente chiamato "santo sepolcro") e del Golgota, del Cenacolo, del "Monte della Galilea" che è quello dell'Ascensione, del Getsemani, di Betania, della piscina probatica (Gv 5, 1-9), dove fu costruita una chiesa, del luogo della "Dormizione" della Madre di Dio nel Cedron, e così via. Su tutti questi luoghi esiste una documentazione preziosa, impressionante e ininterrotta lungo i secoli fino a noi, dei pellegrini che li visitarono sempre con gravi sacrifici e pericoli, e lasciarono descrizioni e resoconti scritti della venerazione di cui erano oggetto, e degli usi della devozione degli abitanti e degli altri visitatori. Il problema di grande interesse qui è la scelta delle date per le celebrazioni "liturgiche" vere e proprie. Quanto alla celebrazione "liturgica", nel senso visto sopra, del Signore, della sua Madre sempre vergine, di Giovanni il Battista, si trattò di scelte arbitrarie, provenienti da ideologie o da calcoli ingegnosi? Non pare. Il 23 settembre e il 24 giugno per l'annuncio e la nascita di Giovanni il Battista, e il 25 marzo e il 25 dicembre per l'annunciazione del Signore e per la sua nascita, non furono arbitrarie, e non provengono da ideologie di riporto. Le Chiese avevano conservato memorie ininterrotte, e quando decisero di renderle celebrazioni "liturgiche" non fecero che sanzionare un uso immemoriale della devozione popolare. Va tenuto conto anche del fatto poco notato che le Chiese si comunicavano le "date" delle loro celebrazioni, e così ad esempio quelle delle "deposizioni dei martiri", che chiamavano il "natale dei martiri" alla gloria dei cielo. Per le grandi ricorrenze, come le feste del Signore, degli apostoli, dei martiri, dei santi vescovi delle Chiese locali, e dal secolo V anche di quelle della Madre di Dio, le Chiese adottarono volentieri le proposte delle Chiese sorelle. In pratica, pressoché tutte le grandi feste del Signore e della Madre di Dio vengono dall'Oriente palestinese, e, furono accettate con grande entusiasmo dalle Chiese dell'Impero, e prima dei grandi scismi del V secolo, anche dall'immensa cristianità dell'Impero parto. Il Natale, come sembra, venne da Roma, e fu accettato, sia pure con qualche esitazione, da tutte le Chiese. Con questo, si vuole dire che le Chiese avevano la possibilità di controlli e di verifiche, e va detto che gli antichi padri nostri non erano affatto creduloni, ma spesso giustamente diffidenti, così da respingere ogni tentativo illecito e illegittimo di culto "non provato". L'evangelista Luca in tutto questo ha una parte non piccola, quando con opportuni e abili accenni rimanda a luoghi ed eventi e date e persone.

La cultura dominata. Le ideologie del '900 e le loro radici anticristiane



Ciclo di incontri “La Cultura Dominata”.

Venerdì 30 Novembre, ore 21.00,presso la sala della chiesa di San Martino I Papa,via Veio 37, zona San Giovanni, Roma; incontro sul tema:

LE IDEOLOGIE DEL ‘900 E LE LORO RADICI ANTICRISTIANE
Interverrà:- Adolfo Morganti, storico e saggista.


Tema dell’incontro:“La storia del ‘900 è stata in gran parte la storia di quelle ideologie che,con la scusa di cancellare Dio, hanno cancellato e imprigionato l’uomo e la sua natura. Una vicenda fatta di utopie e di sangue, di sogni prometeici e di macabre realtà, che va capita nella sua logica lucida e delirante.Per non dimenticare”.



- Ass. Cult. “Identità Europea area Lazio” (http://www.identitaeuropea.org/)

- Casa Editrice “Il Cerchio” (http://www.ilcerchio.it/)

- Libreria Caffè Letterario “Aquisgrana” (www.aquisgrana.org)